martedì 28 agosto 2012

London 2012: un'estate olimpica


L'estate si avvia alla conclusione ed è spontaneo fare dei bilanci, non solo atletici.
Ho gareggiato meno del solito ma è stato un periodo molto intenso. Ho trascorso la totalità dei giorni a disposizione con la famiglia (ne avevamo tutti voglia) e tutte le attività ricreative sono state organizzate di conseguenza.
L'occasione dei Giochi Olimpici a Londra non ce la siamo fatta scappare: con un semplice compromesso tra voglia di momenti olimpici e budget, abbiamo selezionato la nostra vacanza all'estero in modo da potere assistere anche a qualche gara dal vivo. La maratona maschile era l'evento da non perdere assolutamente dal momento che la mia migliore prestazione in carriera è stata su questa distanza, e non ce la siamo persa. E' stato stancante rimanere incollati alle transenne più che a correre in strada, ma ne valeva la pena.




Rigaudo in azione di...marcia (?)
Abbiamo seguito anche la 20 km di marcia femminile con l'emozione di una rimonta finale. Osservando successivamente le fotografie (scattate con la modalità SPORT, ovvero più fotogrammi al secondo) risaltano tanti particolari non visibili in diretta: praticamente tutte le atlete (quindi anche le prime) hanno una fase di volo che dura poco ma è presente. A norma di regolamento sarebbero state da squalificare durante la gara ma noi abbiamo visto ben poche ammonizioni.

Il gesto tecnico è difficile da mantenere e da apprezzare nella sua interezza ad occhio nudo. Strano sport la marcia.Abbiamo trascorso una settimana con il clima olimpico diffuso in ogni angolo della città. Prima ancora di atterrare, gli stadi illuminati a giorno offrivano al cielo il saluto di benvenuto. I cinque cerchi erano dappertutto con la scritta London 2012. Hostess e steward posizionati in modo capillare in ogni angolo della città e in metropolitana. Wenlock e Mandeville (le due mascotte) te le ritrovavi sui marciapiedi pronti per scattare una foto.
Pertile al ristoro: 10° alla fine!
Temevo il sovraffollamento della città ed invece l'organizzazione è apparsa impeccabile nel gestire i flussi enormi di spettatori: in occasione della maratona vi erano oltre tredici chilometri di transenne su ogni lato del percorso da ripetere (giro piccolo + tre grandi) e quindi più di ventisei chilometri a disposizione per assistere all'evento. Non solo non vi erano posti a disposizione già un'ora prima del via ma, a gara avviata, vi erano sei/sette file di persone, più quelle arrampicate su muretti, argini, alberi, pensiline delle fermate... Chissà quanti eravamo.
Le emozioni olimpiche sono comunque legate a momenti specifici, a sensazioni di momenti inaspettati, a reazioni spontanee di fronte ad espressioni di sport, di agonismo, di allegria e serenità, di sofferenza e dolore: applaudire il gruppo dei primi tra i quali da lì a poco ci sarebbe stato un solo vincitore, incitare gli inseguitori per i quali le speranze di mesi di allenamenti e i sogni di gloria si sono ridimensionati già dopo pochi minuti dal via, vedere scorrere quasi tutti gli atleti e quando credevi che non ci fosse più nessuno, vedere passare il rappresentante di St. Kitts e Nevis (isolette di 40 mila abitanti) tra applausi scroscianti di migliaia di persone, ed applaudire anche chi, vinto dalla fatica, dai dolori e dalla distanza si ferma in attesa del servizio scopa.

Ho sognato in quei momenti di essere io in gara, in corsa per quarantadue chilometri tra i pochi al mondo ad avere il privilegio di essere lì. La realtà mi ha offerto solamente la possibilità della presenza fisica su... quarantadue centimetri di quelle transenne.